Vi proponiamo un tour virtuale a Lecce per scoprire le sue bellezze, un tour
adatto sia agli adulti più esigenti che ai ragazzi e ai bambini. Troverete suggerimenti
su dove parcheggiare, cosa vedere, dove mangiare i cibi caratteristici, dove trovare
aree adatte ad un pranzo al sacco e su dove conviene dormire. Consigli utili per una
vacanza da affrontare con spensierata leggerezza.
COME ARRIVARE A LECCE?
In aereo: Lecce non è dotata di un aeroporto quindi si atterra all’Aeroporto di
Brindisi Casale e lì si prende la navetta (SITA) per raggiungere il City Terminal di
Lecce, che dista circa 50 Km, in circa mezz’ora di tragitto. Una volta arrivati vi
consigliamo di noleggiare una macchina per potervi spostare liberamente. Vi sono
numerose agenzie che offrono questo servizio a prezzi vantaggiosi.
In macchina: sicuramente arrivate dal Nord dato che Lecce e la città più a sud della
puglia e la più orientale d’Italia, quindi vi consigliamo di percorrere la A14 o la A16,
in entrambi i casi arriverete a Bari e da li potrete proseguire fino a Lecce
percorrendo la SS 16.
In treno: la stazione ferroviaria di Lecce vi permette di arrivare da qualsiasi località
italiana, consultando il sito di Trenitalia potrete conoscere orari e coincidenze. Vi
sono anche i collegamenti regionali verso le principali località turistiche e meno
turistiche del Salento.
DOVE PARCHEGGIARE PER VISITARE IL CENTRO STORICO DI LECCE?
Il centro storico di Lecce è una Zona a Traffico Limitato (ZTL), quindi non è
consentito il parcheggio. Potete usufruire delle aree di parcheggio pubblico che sono
presenti già all’ingresso della città e a ridosso delle mura del centro storico, nei
pressi della porta principale d’accesso alla città antica, Porta Napoli.
COME SPOSTARSI A LECCE?
COSA VEDERE A LECCE? https://www.thinglink.com/scene/1462817671702642691
Per iniziare insieme questo viaggio alla scoperta del Barocco leccese, Vi consigliamo
di iniziare il vostro tour da porta Napoli, accesso principale per il centro storico e più
vicino all’ingresso della città, per chi fosse appena arrivato.
LE MURA
Fin dall’epoca messapica (VII sec. a.C) Lecce era dotata di mura di difesa che la
cingevano, costruite con massi irregolari e blocchi di pietra informi e
successivamente modificate e ampliate dai romani che le squadrarono rendendole
regolari. Nei secoli successivi, soprattutto durante le invasioni barbariche, subirono
numerose distruzioni insieme alla città, fino a rimanere priva di mura. Nel medioevo,
sotto la dominazione normanna (XI-XIII sec.), furono ricostruite e ancora distrutte
fino al 1400 quando furono ricostruite con l’aggiunta di un fossato, più alte e più
possenti, quasi inespugnabili ma, aimè, inadatte alla difesa della città dopo
l’invenzione delle bombarde. Dalla fine del 1400 in poi, sotto il governo di Spagna, le
coste e i centri principali del Regno di Napoli maggiormente minacciati furono
rafforzati e con Carlo V adattati anche alle nuove tecnologie militari. Lecce fu chiusa
come una fortezza nella cinta bastionata; l’accesso era consentito attraverso le 4
porte di ingresso che erano posizionate, come in epoca romana, in direzione dei 4
punti cardinali. A nord Porta Napoli, a sud Porta S. Biagio, a ovest Porta Rudiae e a
est Porta S. Martino, distrutta nell’800. Le porte erano collegate da due assi stradali
principali disposti perpendicolarmente: il Cardo che portava da Porta Napoli a Porta
S. Biagio e il Decumano che andava da Porta Rudiae a Porta S. Martino. La maggior
parte delle bellezze di Lecce si può dire che sia dentro le mura. Fino al 1700 per
questioni di difesa, si costruiva all’interno della cinta muraria, successivamente,
cessate le minacce, la città cominciò ad espandersi al di fuori. Ciò significa che fuori
dalle mura si trovano edifici più moderni costruiti, per lo più, dal 1800 in poi.
PORTA NAPOLI
Porta Napoli è la porta principale che guarda a nord, da dove arrivavano anche i
grandi imperatori. Ha, infatti, l’aspetto di un arco di trionfo e fu ricostruita nel 1548
per volere di Carlo V D’Angiò nell’ambito di un più generale intervento di
rafforzamento del sistema difensivo… non dimentichiamo che l’impero turco nel XVI
sec minacciava tutta l’Europa espandendosi attraverso il mediterraneo. L’Arco di
Trionfo sostituì l’antica Porta Romana ed ebbe funzione anche celebrativa nei
confronti di Carlo V da parte dei leccesi. Al centro dell’arco campeggia lo stemma del
sovrano, l’aquila bicipite, al di sotto le iscrizioni commemorative.
Quello che rende straordinariamente bella questa città è il Barocco e attraversando
le mura per entrare, scoprirete le peculiarità che fanno di Lecce la “capitale del
barocco”, la “Firenze del sud” e anche la “città-chiesa”: in ogni angolo addossati in
un equilibrio di volumi e un’armoniosa grazia tanto gentile da ricordare uno scenario
teatrale, troverete chiese, conventi e palazzi gentilizi. Restate col naso all’insù se
non volete perderVi i dettagli più interessanti.
Nell’attraversare la porta di ingresso, concedetevi un ultimo sguardo dietro di Voi
per ammirare l’Obelisco, innalzato dai leccesi nel 1822 (infatti è fuori dalle mura) in
onore di Ferdinando di Borbone. Ora Vi trovate in via Palmieri, uno dei due assi
principali, il Cardo. Ma prima di arrivare al punto di incrocio con il Decumano, dove
oggi nasce il duomo, il cuore religioso della città, faremo alcune soste e ci
soffermeremo su alcuni dettagli. (si entra e si percorre via Palmieri verso piazzetta
Falconieri).
I BALCONI
Anche ai meno attenti non sarà sfuggita la ricchezza delle mensole che decorano i
balconi e, proseguendo verso il Duomo, la presenza della bellissima piazzetta
Falconieri dove affacciano palazzi dai prospetti arricchiti con cariatidi e balaustre in
ferro battuto a petto d’oca, tutto incastonato e ricamato nella morbida pietra
leccese. I proprietari dei palazzi tenevano in particolar modo alle decorazioni dei
balconi che erano quasi dei “palcoscenici” da cui farsi ammirare dal popolo. In alcuni casi gli elementi decorativi delle mensole alla base dei balconi erano i volti e i busti degli stessi proprietari.
LA PIETRA LECCESE O “LECCISU”
Vale la pena spendere qualche parola sull’effetto unico che viene conferito
dall’elemento “pietra leccese” a questa città. In dialetto locale “leccisu”, la pietra
leccese è una roccia calcarea appartenente al gruppo delle calcareniti. È tipica della
regione salentina, e da sempre molto apprezzata per la facilità con cui può essere
lavorata. Si offre generosa e grazie alla sua morbidezza gli scultori e gli scalpellini
poterono dare vita agli eccessi che rendono leccese il nostro Barocco e che senza
questa pietra non sarebbe stato possibile realizzare. Se a questo si aggiunge la
straordinaria caratteristica di “abbronzarsi” al sole come la nostra pelle, allora si
spiega la luce dorata che accoglie i visitatori soprattutto al tramonto. Ebbene signori
Vi consigliamo vivamente di preferire il pomeriggio come momento migliore per
visitare Lecce e per rendere il vostro giro quasi una visita sentimentale. Una piccola
curiosità: la maggior parte delle chiese della città ha origini medioevali ed è
orientata quindi con altare a Oriente e ingresso a Occidente, così come prevedevano
le antiche prescrizioni che mutuavano dal culto pagano del dio sole. Ciò vuol dire
che al tramonto la maggior parte delle chiese ha la facciata illuminata dal sole e si
mostra in tutti i capricciosi dettagli.
PIAZZA DUOMO
Ed eccoci giunti in piazza Duomo che, Come già accennato, sorge sull’incrocio dei
due assi principali del centro il Cardo, via Palmieri che qui si interrompe, e il
decumano, oggi corso Vittorio Emanuele, via principale della città. I Propilèi e
l’ingresso a cannocchiale introducono con eleganza nel cuore religioso della città che
accoglie la Cattedrale con i suoi due prospetti, l’imponente Campanile, il Palazzo
Vescovile o Vescovado e il Seminario componendo una danza architettonica di
grande compiutezza e bellezza. E qui Vi svelerò un piccolo segreto… la si chiama
piazza ma in realtà è un grande cortile aperto come una terrazza e in origine era
completamente chiuso, era la corte privata del vescovo di Lecce.
Il Duomo di Lecce rappresenta anche il nostro “salotto” ed è stato il punto di
incontro di tutti i maestri locali del Barocco e del Rococò. Da Giuseppe Zimbalo, a
cui si devono il Campanile finito nel 1682 e la Cattedrale con i suoi due prospetti, a
Emanuele Manieri che nel 1758 rimaneggia e ingrandisce il palazzo dell’Episcopio del 1632, e nel 1761 sistema l’ingresso con i propilèi e gli edifici annessi che creano
come delle “ali”; a Giuseppe Cino, il migliore allievo dello Zimbalo a cui si deve il
palazzo del Seminario del 1694 che verrà poi ingrandito forse su disegni di un altro
grande maestro Mauro Manieri, padre di Emanuele, con l’innalzamento del piano
attico che si può notare oltre la balaustra leggermente arretrato. Il risultato è una
fusione di gusti tanto personali quanto indipendenti che creano un effetto di
esuberante “misura” espressione dell’abilità di veri e propri architetti-scenografi.
LA CATTEDRALE
Una volta dentro il cortile Vi consigliamo di proseguire verso il lato destro, sotto il
Palazzo del Seminario e di fermarVi li per ammirare la corte in tutta la sua bellezza. E
un punto da cui si può notare la peculiarità unica della nostra cattedrale: la doppia
facciata. La cattedrale è intitolata alla Madonna Assunta e risale al XII secolo, nel
periodo di dominazione normanna, come pure il campanile. Entrambi furono
rimaneggiati tra il 1500 e il 1700. In origine il loro aspetto era semplice e austero
come tutte le cattedrali romaniche in puglia. La chiesa ha un impianto longitudinale,
è a croce latina, ha cioè, un braccio lungo (la navata) e uno corto (il transetto), come
la croce di Gesù tanto per intenderci. Osservando da questo punto si può facilmente
intuire quale sia la facciata principale, all’inizio del braccio lungo, di fronte all’altare
maggiore. Non lasciatevi ingannare dall’ingresso sempre aperto che è quello
laterale, di fronte all’ingresso della piazza che si atteggia a quello principale;
entrando da li troverete l’altare alla Vostra sinistra anziché di fronte. Il doppio
prospetto fu concepito con una esclusiva funzione scenografica, per accogliere i
fedeli quando fu aperta la corte per evitare che entrando nel cortile ci si trovasse di
fronte la parete nuda della navata sinistra della chiesa che era diversamente
orientata. Anche il campanile che in origine aveva l’aspetto di una torre
d’avvistamento, fu abbondantemente rimaneggiato, sempre dallo Zimbalo, e
innalzato a tal punto che dalla cima è possibile vedere i “due Mari”, l’Adriatico e lo
Ionio, in cui è racchiusa la penisola salentina.
Sulla facciata principale della Cattedrale troverete le figure dei SS. Pietro e Paolo,
Gennaro e Ludovico da Tolosa. Su quella laterale, invece, S. Giusto e S. Fortunato
nelle nicchie in basso e nell’edicola in alto a coronamento la statua del santo
patrono della città, S. Oronzo.
INTERNO DELLA CATTEDRALE
L’interno della chiesa è visibile previo pagamento di un ticket. Ancora ci si trova di
fronte ad un’opera dello Zimbalo che, su incarico del vescovo Pappacoda, dal 1659
al 1670, ricostruisce la chiesa sull’area della cattedrale precedente, sempre dedicata
alla Madonna Assunta. Come già accennato, è a tre navate a croce latina, e la
navata centrale e il transetto sono coperti da un soffitto ligneo a lacunari intagliati e
dorati, detto a “cassettoni” che accoglie dipinti dedicati alla vita di S. Oronzo e un
Ultima cena.
Iniziando la visita dalla navata sinistra potrete notare due cappelle in particolare: la
Cappella della Natività, dello scultore Gabriele Riccardi con l’altare del Presepe che
viene accolto in un baldacchino dalle colonne tortili, e la cappella dedicata alla
Vergine Immacolata rappresentata in legno, al centro di un enorme altare ricamato
d’oro, dal napoletano Nicola Fumo (1689). La cappella dell’altare maggiore accoglie
numerose pitture tra cui la principale, dietro l’altare, dipinta da Oronzo Tiso nel
1757 che rappresenta l’Assunzione, e le due laterali figuranti il Sacrificio del profeta
Elia e il Sacrificio di Noè dopo il diluvio. Nel soffitto sono inseriti dipinti figuranti i
Misteri della Vergine, opera della bottega di Carlo Rosa.
Nella navata destra, sempre partendo dall’ingresso, si notano la terza cappella,
dedicata a S. Giusto con la tela raffigurante la Conversione di S. Oronzo opera di
Giovanni Andrea Coppola che in primo piano mette tre sederi, e la Cappella di S.
Oronzo che, costruita a spese della città, accoglie l’icona di S. Oronzo del 1656,
sempre opera del Coppola.
Al di sotto del transetto e dell’altare maggiore per mezzo di due scalette si accede
nella cripta, animata da una selva di novantadue colonne di pietra leccese
sormontate da capitelli delicatamente intagliati per lo più riconducibili agli inizi del
‘500. Anche la cripta, che è semi ipogea, accoglie dei piccoli altari barocchi di
pregevole fattura.
LA CHIESA DI S. IRENE SUL CORSO
Usciti dal cortile e girando a destra Vi trovate nel Corso Vittorio Emanuele,
percorrendolo si arriva in piazza S. Oronzo. Siete sul Decumano, lungo il
tragitto vale la pena fermarsi per visitare una tra le chiese più importanti, più belle e
adorne della città, la chiesa di S. Irene dei Teatini. Splendido esempio di architettura
della controriforma della fine del 1500 e, come si può leggere sul prospetto inciso a
caratteri cubitali, intitolata alla Lupiensis Patronae, cioè patrona di Lecce prima che
venisse surclassata da S. Oronzo nel 1656. Sul prospetto oltre all’iscrizione si può
notare, sulla porta maggiore, la statua della santa in pietra locale, originariamente
coperta da uno strato pittorico di color del bronzo e collocata in un’edicoletta del già
menzionato Mauro Manieri. Al di sopra il simbolo civico della città, la Lupa sotto il
Leccio.
INTERNO CHIESA DI S. IRENE
L’interno è ampio e luminoso, a croce latina con sei profonde cappelle, tre per lato,
che ospitano gli altari più barocchi della città. Il terzo altare nella navata di sinistra,
attribuito all’architetto e scultore leccese Giuseppe Cino, dedicato alla Vergine del
Buonconsiglio, conserva ancora gran parte delle antiche dorature a foglia oro che un
tempo ricoprivano, insieme alle policromie, l’intero altare.
Vale la pena fare delle precisazioni; difficilmente la pietra leccese veniva lasciata “a
vista”, al contrario si cercava il modo di camuffarla e si imitavano abilmente,
attraverso decorazioni pittoriche, i materiali più nobili come il marmo e l’oro. Interi
altari, e in alcuni casi intere chiese, furono marmorizzati a pennello e dorati con la
foglia oro e ci vuole un occhio attento per rendersi conto dell’illusione che questi
abili artisti-artigiani riuscirono a creare. D’altronde in loco, l’unica pietra disponibile
era quella leccese e ci si arrangiava come si poteva per impreziosirla il più possibile.
Un po’ come la Cartapesta, a cui dedicheremo senz’altro un capitolo a sé, che si
diffuse tanto proprio perché imitava egregiamente tutti i materiali più preziosi,
come i metalli, le pietre dure e il legno ed era economica e leggera. Pensate che a
Lecce vi è la chiesa di S. Chiara che presenta un soffitto che si atteggia a “cassettoni”
ligneo ma è tutto in cartapesta. Un esempio unico nel suo genere.
Proseguendo nella Vostra guida, nel transetto troverete a destra l’altare dedicato a
S. Gaetano da Thiene che accoglie la tela raffigurante L’estasi di S. Gaetano da
Thiene, a sinistra l’altare dedicato alla ex protettrice S. Irene, che accoglie una serie
di lignei busti reliquiari sistemati in tre file di piccole nicchie rappresentanti figure di
Santi, tra cui spicca quello raffigurante S. Irene, al centro. Entrambi gli altari sono
della prima metà del Seicento e sono attribuibili a Cesare Penna. Esemplari del
motivo per cui le ricamatrici si ispirassero ai lavori di questi scalpellini e non
viceversa come si potrebbe pensare, in quanto sono tanto minutamente scolpiti da
apparire come dei pizzi, dei merletti o come metallo cesellato. Il coro accoglie l’affollata rappresentazione del Trasporto dell’Arca Santa di Oronzo Tiso del 1758
realizzato per la controfacciata della Cattedrale e spostato qui nel 1842.
PIAZZA S. ORONZO
Usciti dalla chiesa ritornate sul corso, direzione piazza S. Oronzo che pur non
essendo al centro di Lecce, idealmente ne rappresenta l’epicentro, il polo della vita
civile, come piazza Duomo lo è per quella spirituale. L’aspetto attuale di questa
piazza risale ai primi decenni del Novecento, quando cominciarono le demolizioni e
gli scavi per la costruzione della Banca d’Italia e per portare alla luce i resti
dell’anfiteatro romano. All’epoca si chiamava Piazza dei Mercadanti e il suo aspetto
era molto più gentile e armonioso. Gli scriteriati interventi di epoca fascista daranno
l’aspetto definitivo alla piazza che oggi si mostra eclettica e comunque dignitosa.
I monumenti simbolo che la arricchiscono sono tre: l’Anfiteatro Romano, la Colonna
di S. Oronzo e il Sedile.
L’ANFITEATRO ROMANO
L’anfiteatro romano, realizzato in parte direttamente nella roccia e in parte
innalzato su arcate in opera quadrata, risale all’epoca Antonina, II sec. e si trovava
alla fine del decumano vicino alla distrutta porta S. Martino. Un tempo era ricoperto
di marmi che rivestivano la pietra leccese e di cui sopravvivono alcuni frammenti
conservati sia nelle gallerie dell’anfiteatro stesso, che nel Museo Archeologico
Provinciale “S.Castromediano” a Lecce. Fu scoperto e portato alla luce in parte nei
primi anni del ‘900 e in parte in epoca fascista. Di forma ellittica e con un raggio
lungo di oltre cento metri, poteva accogliere quasi ventimila spettatori e al suo
interno si poteva assistere a spettacoli di natura prevalentemente venatoria. La
costruzione dell’anfiteatro per i provinciali, del teatro per i cittadini Lupiensis, delle
terme e dei numerosi templi, come gli scavi archeologici hanno dimostrato, resero la
città di Lupiae, così era chiamata in epoca romana, centro municipale di grande
vivacità.
LE ORIGINI DELLA CITTA’ DI LECCE
Va precisato che Lecce ha origini antichissime risalenti al VII secolo a.C quando
queste terre erano abitate dal popolo dei Messapi che la fondarono. Anche i coloni
greci occuparono parte del Salento per poi salire verso Taranto e ridiscendere verso
la Calabria e la Sicilia per dare origine a quella che poi verrà chiamata Magna Grecia.
I Romani sottomisero questi popoli a partire dal terzo secolo a. C e ne conquistarono
le città cambiandone i nomi. Rudiae, l’antica città messapica, divenne la romana
Lupiae, prima provincia, poi municipio insieme a Brindisium e Tarantum, che era
greca.
LA COLONNA DI S.ORONZO
A testimoniare l’importanza di queste terre strategicamente posizionate all’interno
dei traffici del mediterraneo vi è un’altro monumento simbolo della città. La
Colonna di S. Oronzo o anche della Via Appia. Va precisato che la strada più
importante e più trafficata dell’antichità, la Via Appia appunto, parte da Roma e
arriva diretta al porto di Brindisi da dove i romani si imbarcavano per le loro
conquiste e i traffici nel Mediterraneo. La tradizione vuole che la colonna fosse in
coppia con la sua gemella e che si trovassero entrambe al porto di Brindisi a segnare
l’inizio della Via Appia. In seguito fu donata dal vescovo di Brindisi alla cittadinanza
leccese come offerta di ringraziamento in quanto, pare che il patrono di Lecce, S.
Oronzo, avesse interceduto in favore di Brindisi salvandola dalla peste e da un
terremoto. Le fonti ci raccontano invece che la prima pietra venne posta nel 1666
dal vescovo Pappacoda ma solo nel 1681 iniziarono i lavori di erezione della colonna
che furono portati a termine tre anni dopo dal già menzionato architetto Giuseppe
Zimbalo il quale scolpì anche uno dei due capitelli che fanno da base alla statua di S.
Oronzo. Quest’ultima in origine pare fosse alta oltre quattro metri ma andò distrutta
nel 1737, incendiata da un razzo durante i festeggiamenti dedicati alla festa
patronale. Fu rifatta simile alla precedente, in legno rivestito di rame da maestranze
venete su un modello di Mauro Manieri ma più piccola come si può vedere ancora
oggi.
IL SEDILE
Vicino alla colonna si può ammirare l’altro monumento simbolo della piazza, il
Sedile. Testimonianza di come tra il 1300 e il 1500 Lecce rappresentò un centro
commerciale vivacissimo attirando una folta colonia di veneziani che divenne
fiorentissima tanto da monopolizzare il commercio cittadino e diventare così
numerosi da costruire un propria sede di governo, il Sedile o Seggio appunto, nel
1592 e una propria cappella, dedicata a S. Marco, che tuttora è annessa al Sedile e
sulla cui porticina d’ingresso, in una lunetta, è visibile il fiero leone veneziano. Ma a
Lecce, nel corso dei secoli, vi erano state colonie di fiorentini, genovesi, ebrei,
bizantini etc.. che avevano reso questo centro un crocevia di popoli.
BASILICA DI S. CROCE https://www.thinglink.com/scene/1462838058998038531/editor
Da piazza S. Oronzo percorrendo via dei Templari, si giunge alla Basilica di S. Croce
che si presenta, con il tanto caro al Barocco “effetto sorpresa”, nascosta tra le vie.
Pare che nel luogo dove attualmente sorge la basilica, nel 1500 vi fosse il quartiere
ebraico (la “Giudecca”) e la sinagoga. Nel 1549 fu iniziata la costruzione della chiesa
che terminò solo nel 1646, un secolo dopo e che vide susseguirsi l’intervento di tutti
i maestri che rappresentano l’anima artistica di questa città: la struttura
architettonica, l’impianto e alcune decorazioni del primo ordine sono dell’architetto
Gabriele Riccardi; i tre portali d’ingresso sono di Francesco Antonio Zimbalo;
l’ornato del secondo ordine è di Cesare Penna; il fastigio finale è di Giuseppe
Zimbalo. I più rappresentativi artefici del barocco in un esempio unico di superlativa
ornamentazione plastica che rende così singolare questo prospetto ritmato
orizzontalmente da tre ordini in un crescente di equilibrata esuberanza. Numerose
interpretazioni si alternano nella lettura della facciata. I tre ordini dovrebbero
rappresentare l’Inferno (primo ordine), il Purgatorio (secondo ordine) e il Paradiso
(fastigio finale). Protagonista è l’ordine centrale con lo splendido Rosone dalla ghiera
a strombo e le nicchie laterali con le solenni statue di S. Benedetto da Norcia (a
destra) e S. Pietro Celestino (a sinistra). Nell’insieme, se si osserva la facciata della
chiesa con l’annesso ex Convento dei Celestini, oggi sede degli uffici della Provincia
di Lecce, Vi troverete al cospetto di un complesso architettonico di straordinario
risalto, il monumento principe dell’architettura barocca e la più fastosa fabbrica
Seicentesca di Terra d’Otranto.
INTERNO DELL A BASILICA
L’interno della chiesa che si sviluppa in lunghezza a tre navate, è più semplice pur
nella sfarzosa ornamentazione plastica. La navata centrale è ricoperta da un
sontuoso soffitto ligneo a “cassettoni” intagliati e dorati. Una schiera di dodici
colonne, sei per ogni lato, la dividono dalle più strette navate laterali. Su ogni
capitello potrete ammirare il volto di un apostolo. Si aggiungono quattro colonne
finali, accoppiate due per ogni lato, con la raffigurazione dei quattro Evangelisti, un
chiaro riferimento al nuovo testamento. Lungo le navate laterali si aprono sette
cappelle per ogni lato, ospitanti altrettanti altari. Partendo dalla navata di destra
vanno segnalati il secondo altare con una delicata rappresentazione dell’ Adorazione
dei Pastori; il terzo altare che, al di sopra dell’immagine dell’Arcangelo Michele,
conserva l’unico frammento delle antiche dorature e policromie che un tempo rivestivano gran parte delle superfici. Il quinto altare dove troverete una simpatica
tela votiva del 1743 con alla base un’iscrizione in versi in dialetto leccese dedicati a
S. Oronzo che il 20 febbraio di quell’anno , risparmiò Lecce dal terremoto. Vale la
pena riportare il testo che tutto sommato è di facile comprensione e che ci ricorda
come il dialetto leccese sia più simile a quello siciliano che a quello “pugliese”.
Foi santu ronzu ci ni liberau de lu gran terremotu. Ci faciu a binti de febraru tremulau
la cetate nu piezzu e nu cadiu. Iddu iddu de lu cielu la guardau e nuddu de la gente
nde patiu. E’ rande santu ca de li santuni face razzia e meraculi a migliuni.
Nella cappella a destra dell’altare maggiore vi è l’altare della Trinità con l’omonima
ancona dipinta su legno che rappresenta uno dei pochi esempi di pittura
cinquecentesca manierista nel salento. L’autore è il pittore Gianserio Strafella da
Copertino. Il vero capolavoro dell’interno della basilica è l’altare di S. Francesco Di
Paola, nella cappella a sinistra dell’altare maggiore, capolavoro di F. A. Zimbalo del
1615 che, con grande virtuosismo tecnico, decora le superfici cesellandole come un
orafo più che come uno scultore. Rappresenta, in dodici vivaci rilievi sistemati come
un polittico, i fatti della vita di S. Francesco e i miracoli più importanti.
PALAZZO DEI CELESTINI
Uscendo dalla chiesa è doveroso menzionare il contiguo Palazzo monastico dei
Celestini, oggi sede degli uffici della Provincia e della Prefettura. Dal lungo e fastoso
prospetto diviso in due ordini, Quasi un naturale proseguimento del prospetto della
basilica, con cui condivide la briosa decorazione firmata dagli stessi architetti, è di
grande coerenza scenografica. Vi consigliamo una veduta prospettica laterale per i
vostri selfie.
DOVE MANGIARE? I luoghi caratteristici
Dopo aver terminato il Vostro primo giro nella Lecce Vecchia sarete senz’altro
affamati, e qui si parla di cose serie… Rimanete nel centro storico dove troverete
numerose osterie e putee che potranno ospitarvi in tipici ambienti dalle volte a
stella o nelle corti annesse, all’aperto. Se Vi piace l’idea del pranzo al sacco in
centro, alle spalle di Palazzo dei Celestini, vi è la Villa Comunale, sarebbero i giardini
pubblici, che tra gentili vialetti alberati e austeri busti di illustri personaggi leccesi Vi
offrirà ristoro rispettando le antiche tradizioni dei leccesi che qui hanno bivaccato
fin dalla notte dei tempi. Sono dotati di bar e servizi igienici. Appena fuori dal centro
storico, nei pressi di Porta Napoli, vi è il Parco di Belloluogo che, oltre a offrire uno
spazio verde dove riposare, custodisce un’importante testimonianza storica della
città, la Torre di Belloluogo. Se invece avete intenzione di spostarvi e di uscire dal
centro, allora Vi consigliamo di intercettare una delle tante masserie a vocazione
agrituristica dove degustare le nostre specialità. Fuori dal centro vi sono anche
molte cantine che organizzano degustazioni enogastronomiche.
COSA MANGIARE? cucina tipica
La cucina locale vanta un grande varietà di piatti sia di terra che di mare. Per quanto
riguarda i piatti tipici della tradizione contadina Vi consigliamo un menù vegetariano
ma ricco di sapori antichi: i Ciceri e Tria, il Purè di Fave e Cicorie, le Orecchiette con
le Cime di Rape, le Sagne ‘Ncannulate cu la Recotta Scante. Da non perdere gli
stuzzichini come le Pittule, i Panzerotti di Patate, i formaggi pecorini, i Pizzi, le
Pucce e le Piscialette. Per i carnivori più audaci consigliamo i Turcinieddrhi, a base
di interiora di agnellino, le Bombette, i Pezzetti di Cavallo al Sugo, la Pendagghia, le
Tracche con le Cicorie. Per gli amanti del mare i piatti a base di pesce sono il nostro
forte e in particolare Vi consigliamo di assaggiare le Linguine con la Polpa di Ricci
(nei mesi in cui è possibile) e in generale con i frutti di mare (cozze, vongole etc.), il
Purpu a Pignata, le Purpette de Purpu, i Gamberoni di Gallipoli e tutto il pesce
fresco pescato in zona a disposizione.
QUALI SONO I PRODOTTI TIPICI? E dove acquistarli
Se alla fine del Vostro giro, prima di ripartire avete intenzione di portarvi un po’ di
Salento a casa con l’acquisto di qualche prodotto tipico locale, qui di seguito
troverete una piccola lista di specialità che non potranno mancare nella vostra
valigia. Assolutamente indispensabile sarà per voi una tappa in pasticceria per
acquistare le Paste di Mandorla, i Pasticciotti Leccesi, fatti con pastafrolla e ripieni
di crema pasticcera, e i Rustici Leccesi, fatti di pasta sfoglia e ripieni con besciamella,
mozzarella, pomodoro e pepe, e una tappa in un forno, per l’acquisto di Pucce,
Taralli (da non perdere quelli con uvetta passa e cipolla), Pasta Tipica come le Sagne
‘Ncannulate e i Maritati e le Frise di orzo e di grano. Se Vi è possibile fate visita in un
oleificio per una piccola scorta di vero Olio extravergine di Oliva e in una cantina
per la scorta di Vino. I nostri migliori vini sono il Negroamaro, il Primitivo di
Manduria e il Locorotondo, tutti vini decisi e dalla gradazione alcolica pittosto alta,
se avete intenzione di assaggiarli meglio far guidare qualcun altro…
DOVE DORMIRE A LECCE?
E dopo un’intensa giornata di scoperte siete esausti e volete andare a dormire ma
dove? Il centro storico della città offre una grandissima scelta di soluzioni tra B&B,
Case Vacanza, Suit Hotel, Hotel Bistrò e Hotel Diffusi che hanno ridato vita ad
antiche e storiche dimore conservando il fascino e le caratteristiche che le rendono
uniche e così “salentine”. Al di fuori del centro vi sono sia hotel che masserie e
agriturismi.
Se volete rimanere aggiornati, ricevere informazioni, nuovi contenuti, offerte e novità, sulle nostre escursioni ed viaggi in programma e tantissimo altro, potete entrare nel nostro gruppo privato facebook: http://facebook.com/Virgilsalento